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Toh, chi si rivede: il sindacato dei giornalisti.

Appena provi a dire che hanno lasciato i freelance in braghe di tela, ecco che si mobilitano a spiegarti che la FNSI ti ha dato il migliore dei contratti possibili. Ma purtroppo non è vero.
12 agosto 2010 - Carlo Gubitosa

Logo FNSI

Proprio oggi su Mamma! ho affondato il bisturi senza pietà nella piaga incancrenita del crumirato giornalistico, dove c'è gente che lavora per due euro a pezzo affossando tutta la categoria. C'era un buontempone che aveva come unico problema quello di ricevere bonifici irrisori, e anziché rifiutare di farsi sfruttare proponeva come soluzione quella di accorpare le retribuzioni in un unico bonifico complessivo per fare più bella figura nel caso qualcuno gli veda l'estratto conto.

Di passaggio ho detto anche che lamentarsi con gli editori è inutile: se i freelance sono abbandonati alla "libera trattativa" senza un contratto che li tuteli, devono prendersela con il "sindacato unitario", la stessa FNSI che dopo aver accettato di firmare un contratto dove le uniche regole e tutele sono previste per i dipendenti che lavorano in redazione, ha pensato bene di negare il suo riconoscimento all'Unione Sindacale Giornalisti Freelance, un organismo di rappresentanza dei precari e dei liberi professionisti nato dal basso, proprio come reazione alle inadeguatezze della FNSI.

Mistero della fede: i giornalisti Rai possono avere un loro sindacato specifico (l'Usigrai) all'interno della grande famiglia FNSI, ma ai freelance questo è proibito, e dopo aver avuto il "niet" del sindacato per la nascita di un organismo indipendente simile all'Usigrai, devono accontentarsi di una "commissione sul lavoro autonomo" messa dalla FNSI come foglia di fico per coprire le proprie vergogne.

Nella grande tradizione italiana delle commissioni parlamentari e sindacali, sono quasi certo che questa commissioni produrrà tanti bei documenti senza incidere di una virgola sulla realtà. (Spero comunque di essere smentito dai fatti).

Dopo aver detto quella che a me sembra una ovvietà: "il contratto non tutela i freelance, e di questa mancata tutela deve risponderne anche il sindacato che lo ha firmato", mi scrive Maurizio Bekar, nientepopodimeno che il Coordinatore nazionale in persona della Commissione lavoro autonomo della FNSI.

Vediamo allora cosa dice il Coordinatore Nazionale, che in teoria dovrebbe saperne più di ogni altro in Italia sulla tutela del lavoro giornalistico precario.

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Caro Carlo,

apprezzo che tu abbia ripreso e commentato due nostri post su Facebook (v. http://www.facebook.com/giornalistifreelancefvg), ma -accettando la logica del dibattito- mi paiono doverose alcune precisazioni:

1) Il contratto di riferimento, trattandosi di un quotidiano, era l'economicamente ben più pingue FNSI-FIEG, ma largamente inapplicato ai collaboratori non dipendenti.

Maurizio, mi scuso in anticipo per i miei toni polemici, che ti invito a non prendere sul personale: è che sono un pò incattivito da quindici anni di precariato giornalistico.

Ma veniamo al punto: il contratto che citi è "inapplicato" perché non c'è niente da applicare. E' come dire che il contratto degli operai metalmeccanici è "largamente inapplicato" ai fabbri ferrai di paese. Sono due lavori simili, ma il primo è coperto da un contratto collettivo nazionale, il secondo no.

E passo ad argomentare. Nel caso non lo avessi letto, ti cito l'articolo UNO del contratto collettivo nazionale dei giornalisti. (Un ripassino non fa mai male):

"Il presente contratto regola il rapporto di lavoro fra gli editori di quotidiani, di periodici, le agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, anche elettronici, l'emittenza radiotelevisiva privata di ambito nazionale e gli uffici stampa comunque collegati ad aziende editoriali, ed i giornalisti che prestano attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza".

Il "vincolo di dipendenza" è da intendersi in senso doppio: bisogna essere LAVORATORI DIPENDENTI (cioè titolari di un contratto stipulato con l'azienda editoriale), e bisogna DIPENDERE da una redazione ricevendo ordini. Come tu sai o dovresti sapere, molte cause di lavoro vengono perse dai giornalisti perché anche dimostrando di aver mandato miliardi di pezzi per vari anni consecutivi, non riescono a provare di essere stati "alla dipendenza della redazione", cioè di aver fatto del lavoro subordinato, e quindi gli editori dicono "ah ma quei pezzi lui li mandava per conto suo di sua iniziativa, mica glieli chiedevamo, poi decidevamo di volta in volta se pubblicarli o meno, e poi non aveva un contratto, gli pagavamo i pezzi in ritenuta d'acconto uno per uno come cessione di diritti d'autore".

Quindi ti invito a rileggere il contratto nazionale collettivo che regola il lavoro giornalistico, e scoprirai che riguarda solo quei giornalisti che sono DIPENDENTI di aziende editoriali, cioè assunti con le più varie e fantasiose forme contrattuali, ma comunque assunti e non pagati "a pezzo" per cessione diritti d'autore come avviene per la maggior parte dei giornalisti freelance che, ripeto, non avendo vincolo di dipendenza NON SONO ASSOLUTAMENTE TUTELATI DAL CONTRATTO firmato e accettato dal tuo sindacato.

(E qui per non trasformare un articolo lungo in un saggio breve tralasciamo il fatto che il contratto è stato PRIMA firmato, e poi sottoposto al giudizio dei lavoratori con un referendum farsa dove votavano anche i pensionati, e ci credo che a loro il contratto andava bene così).

2) non è vero che il contratto FNSI-FIEG (così come l'FNSI-USPI, che riguarda la stampa periodica) non "copra" in non-dipendenti. Il fatto è che molti editori (ma, a dirla tutta, anche troppi colleghi giornalisti contrattualizzati, con ruoli direttivi nelle redazioni) semplicemente evitano di applicare ai collaboratori le clausole contrattuali che li riguardano, e che li tutelerebbero almeno un pò, proponendo invece (quando li fanno firmare...) dei contrattini da "liberi professionisti" (per i quali vale l'accordo individuale)

Questa affermazione è palesemente falsa, basta rileggerti l'articolo uno del contratto e scoprirai che vale solo per chi presta "attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza". 

3) Il contratto collettivo è un accordo che vale fra i contraenti e per i loro rappresentati, e non è una legge che vale "erga omnes". Quindi, quando a un collaboratore non viene (per qualsiasi ragione) stipulato un contratto fra quelli riconosciuti dalla FNSI, vale il famoso "libero accordo fra le parti". Che equivale quasi sempre a una "libera ghigliottina" per il collaboratore, che è la parte più debole e ricattabile

Il problema è capire quali sono le parti, e un sindacato unitario non dovrebbe tener fuori dal "gioco delle parti" una categoria di giornalisti che secondo molte rilevazioni produce il 60% dell'informazione nazionale. Non si fa, è cosa cattiva, è da furbacchioni: chiedete i soldi della tessera anche ai freelance, ma poi quando vi sedete al tavolo con gli editori fate i contratti rappresentando solo una parte dei giornaliti, quella parte sempre più minoritaria che presta "attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza".

4) Quando un collaboratore sa di non avere potere contrattuale, tende ad accettare qualsiasi condizione gli propongano, pur di non perdere il lavoro, o pur di non venir scavalcato da altri "colleghi freelance" più "disponibili" ed arrendevoli.

Ma questo non è un problema causato dai contratti FNSI, che vengono stipulati sulla base del peso che era in grado in quel momento in grado di esercitare il sindacato sulla controparte editoriale. vale la pena di sottolineare che, paradossalmente, sono spesso proprio i freelance (cioè i soggetti contrattualmente più deboli) a non iscriversi al sindacato.

Quindi se avrete più freelance iscritti, la prossima volta chiederete delle garanzie contrattuali anche per loro? Il problema del contratto attuale era che avevate poco peso sul tavolo della trattativa? E come mai questo sindacato così leggero, etereo e poco pesante a quanto pare è riuscito a scucire alla Fieg un accordo che porta nelle tasche del sindacato OTTOCENTOMILA euro che gli editori pagheranno per comprare 10 mila copie di questo "magnifico" contratto a più di OTTANTA euro l'una? Sarà che quando vi fa comodo sapete puntare i piedi, e sapete farlo anche molto bene?

5) Il problema di fondo è che molti, troppi, freelance, invece di imparare a dire "no" e ad organizzarsi sindacalmente per far valere le proprie (tantissime) ragioni, cercano solo di salvaguardare se stessi, trattando magari un aumento di 2-4 euro a pezzo, o facendo le scarpe al collega freelance che ha invece avuto il coraggio di dire "no" a queste condizioni di sfruttamento indegno.

Quanto al dire "no", io penso che i sindacati nascono proprio per sostenere i lavoratori che hanno difficoltà a dire no di fronte al potere delle aziende. Altrimenti chiudiamo i sindacati e pratichiamo la tutela del lavoro individuale, anarchica e spontaneistica basandoci sulla coscienza del singolo sperando che sia capace di sfidare anche il licenziamento pur di affermare un principio.

Troppo facile dire "i freelance non hanno palle", quando la forbice che le ha tagliate al tavolo della trattativa ce l'avevate in mano voi.

Ai freelance siete VOI che dovevate fornire gli strumenti per dire NO, siete voi che dovevate dare il potere di rifiutare tariffe ingiuste, magari pretendendo un tariffario per i freelance che copra anche le aziende non iscritte all'USPI.

Io invito i miei colleghi al rifiuto delle tariffe ingiuste, ma so benissimo che questo rifiuto sarebbe molto più facile se in Italia esistesse un organismo sindacale orientato alla tutela dei giornalisti freelance, quelli "di serie B", quelli che non svolgono "attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza", o che la svolgono ma non sono in grado di dimostrarlo perché gli editori li tengono a lavorare a casa chiedendo l'invio di pezzi a mezzo internet.

Riguardo all'"organizzarsi sindacalmente" ho già spiegato che i tentativi di organizzazione sindacale dell'Unione Sindacale Giornalisti Freelance sono stati scientificamente affossati dalla FNSI, e quindi non vedo come mai stai invitando a rialzarsi e a correre chi è già stato sindacalmente azzoppato dai vertici del sindacato che rappresenti.

La vicesegretario Nazionale FNSI Daniela Stigliano, responsabile del "Dipartimento lavoro autonomo" ha motivato la bocciatura dell'USGF (cioè il mancato riconoscimento di questa organizzazione sindacale da parte della FNSI) affermando che "il Sindacato ha il dovere di tenere veramente tutti al suo interno, pur assicurando reale e piena rappresentanza ai colleghi freelance. Al contrario, l'ipotesi di un organismo di base potrebbe portare addirittura ad un parallelismo tra due soggetti".

Ma allora che la Stigliano mi spieghi perché non ha problemi con il "parallelismo" dell'Usigrai. Forse perché quella dei giornalisti Rai è una lobby più potente che ha avuto la forza di farsi riconoscere dalla Fnsi?

Ciò detto, è chiaro che il collega freelance in questione, che ha scritto quella lettera all'editore (un collega, tra l'altro, con molti anni di professione alle spalle...) ha accettato condizioni che erano semplicemente inaccettabili... sulle quali a posteriori ha voluto giocare usando l'arma dell'ironia e del paradosso.

Fatte queste precisazioni, la tua nota critica-polemica è accettabile e giusta. A patto che, oltre alla denuncia, ogni freelance si impegni ad organizzarsi sindacalmente con i propri colleghi. Perché da soli, e neppure con le argute ironie, si va da nessuna parte.

Un saluto e auguri di buon lavoro a tutti

Maurizio Bekar
(coordinamento giornalisti precari e freelance del Friuli Venezia Giulia, Coordinatore nazionale della Commissione lavoro autonomo della FNSI)

Per andare da qualche parte, caro Maurizio, credo che oltre ad "organizzarsi sindacalmente" (FNSI permettendo) sia giunta l'ora di chiamare il cosiddetto "sindacato unitario" alle sue responsabilità, e chiedere conto alla FNSI perché in altri paesi d'europa (Ad esempio Francia e Belgio) il lavoro dei giornalisti freelance è regolamentato con un contratto nazionale collettivo, mentre in Gran Bretagna esistono "contratti di testata" che tutelano chiunque scriva per un determinato giornale, indipendentemente dal fatto di essere dipendente o lavoratore autonomo.

Spero che nella "Commissione lavoro autonomo" stiate iniziando a discutere anche di questo, altrimenti non meravigliatevi se ogni anno vi arriveranno sempre meno iscritti e se c'è chi oggi si sta "organizzando sindacalmente" anche al di fuori della FNSI dopo aver tentato invano di far nascere al suo interno un sindacato di base per i freelance che abbia più potere di una semplice "commissione".

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