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Giornali e mercato: la morte annunciata di un quotidiano.

Pannella, ti hanno dato sette milioni di euro: riprenditi indietro "Liberazione"!

Il quotidiano comunista un tempo era dei radicali, che con i 7 milioni di euro ricevuti grazie al "Milleproroghe" potrebbero riprenderselo e salvarlo dall'Oblio.
31 dicembre 2011 - Carlo Gubitosa

L'Evirazione, variazione sul tema del logo di "Liberazione"

Pochi sanno che il quotidiano "Liberazione" non e' nato comunista, ma e' una testata creata negli anni settanta come organo d'informazione del Partito Radicale. Marco Pannella, proprietario della testata, in seguito l'ha ceduta gratuitamente a Rifondazione Comunista che ne ha fatto il proprio "House Organ/quotidiano di partito", attualmente gestito dalla Mrc SPA, una societa' per azioni di cui il Prc e' l'unico controllore.

Oggi, 31 dicembre, Liberazione chiude le pubblicazioni in edicola, e le ragioni le ha spiegate la societa' Mrc in un comunicato nel quale si legge che "il taglio del Fondo sull’editoria predisposto dal governo Berlusconi e confermato dal governo Monti" ha determinato "costi insostenibili per Liberazione". Il bello e' che si tratta anche di tagli retroattivi, cioe' soldi che inizialmente sembravano stanziati ma poi invece no. "Si tratta di un taglio di 500.000 euro per l’anno 2010 e di ben 2 milioni di euro per l’anno 2011", scrive la Mrc nel suo comunicato.

La chiusura di Liberazione mortifica molti lavoratori, interni ed esterni alla redazione, mortifica tanti lettori, ma soprattutto mortifica tantissime idee che non troveranno piu' posto nelle edicole, costringendo i cittadini a cercare altrove per avere informazioni critiche sulla Tav, sulle spese militari, sui suicidi in carcere, sulle violenze di Stato e su tanti altri temi specifici di questa testata, che ha dato un insostituibile contributo per raccontare storie "fuori mercato", per fare verita' sulle violenze del G8, sostenere i referendum per i beni comuni, dare voce alle minoranze e ai migranti, denunciare le vittime del lavoro, contrastare il "Marchionne Pensiero" malamente sposato da tanta finta sinistra, trasformare due invisibili ragazzi morti nei "casi" di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi, approdati in tribunale anche grazie a questo quotidiano.

Tutto questo e' destinato a perdersi come lacrime nella pioggia, ma ci sarebbe un modo semplicissimo per salvare questa testata dalla chiusura: basta che Marco Pannella se la riprenda, e la faccia tornare agli antichi splendori dell'era Curzi con i SETTE MILIONI di euro di soldi pubblici ricevuti per far funzionare Radio Radicale.

Dl delle proroghe n. 216/2011.

Art. 28. Proroga della convenzione con il centro di produzione s.p.a. (“Radio radicale”)

1. Al fine di consentire la proroga per l'intero anno 2012 della Convenzione tra il ministero dello sviluppo economico e il centro di produzione s.p.a. (Radio radicale, ndr), ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224 è autorizzata la spesa di sette milioni di euro per l'anno 2012.

2. All'onere derivante dal comma 1, pari a sette milioni di euro per l'anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione della autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, relativa al Fondo per interventi urgenti ed indifferibili. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

(Il testo integrale e' qui).

Chi sostiene che "i giornali devono stare sul mercato con le proprie gambe", per coerenza deve fare lo stesso anche con le Radio. Se invece i Radicali giustificano i loro finanziamenti con la necessita' di tenere viva una voce importante nella cultura e nell'informazione del paese che non troverebbe posto nel mercato, allora per coerenza che aiutino anche altre voci altrettanto vitali ma poco redditizie a non spegnersi.

I sette milioni sono stati dirottati verso Radio Radicale dal "Decreto MilleProroghe", ovvero il decreto legge 216/2011, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 30 dicembre, un decreto che contiene "disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi", e che all'articolo 28 destina 7 milioni di euro nell’anno 2012 a Radio Radicale, per giunta prelevandoli dal "Fondo per interventi urgenti ed indifferibili".

Ma quali sono questi interventi "Urgenti e indifferibili"?

Scoprirlo e' molto difficile, ma per fortuna c'e' qualcuno che traduce in italiano il legalese. Secondo il portale di informazione giuridica "Studio Cataldi", nella cosiddetta "Legge di stabilita'", cioe' il decreto legge 183/2011 stabilisce che "e' destinata una quota del fondo esigenze indifferibili ed urgenti, pari a 50 milioni di euro, al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali".

Prendiamo per buono che le attivita' di Radio Radicale rientrino in queste finalita', e che nel paese non ci fossero necessita' piu' "urgenti e indifferibili" di riequilibrio socio-economico, sviluppo dei territori, sostegno alla ricerca e assistenza dei malati di cancro. In ogni caso resta comunque in piedi una domanda scottante: perche' questi soldi non vengono utilizzati per salvare tutte le "voci fuori dal coro e fuori mercato", compresa quella di Liberazione? Forse perche' i comunisti sono ormai fuori dal Parlamento e i radicali invece ci sono entrati assieme al PD? Forse perche' le leggi del mercato valgono solo per i piu' deboli politicamente mentre per i piu' forti valgono le provvidenze dello Stato? Forse perche' trasmettere i lavori parlamentari e' considerata attivita' di pubblico interesse mentre il pluralismo interessa solo le minoranze e chi parla con voce piu' debole?

Ascolto ogni mattina l'ottima rassegna stampa di Massimo Bordin, e sono contento che Radio Radicale continui a esistere anche in barba alla crisi, perche' considero questa radio e i suoi archivi come un prezioso servizio pubblico, perche' la circolazione di cultura e di idee non puo' essere condizionata alle leggi di mercato, e perche' la trasmissione dei lavori parlamentari non puo' essere vincolata ai criteri dell'audience..

Ma oltre ad essere un estimatore di Massimo Bordin, fino alla mezzanotte di oggi sono anche un collaboratore del quotidiano "Liberazione", che da domani chiudera' i battenti, e quindi non capisco come mai il governo ha deciso che Bordin debba continuare ad esercitare il suo mestiere con un diretto intervento statale che ha fatto uscire dal cappello magico i soldi necessari alla sopravvivenza di Radio Radicale, mentre io per decisione dello stesso Governo non posso piu' fare il mestiere che ho fatto finora per la scomparsa di fondi gia' stanziati.

Men che meno mi spiego come mai un partito come quello Radicale, che almeno a parole si definisce "liberista" (oltre che liberale e libertario) al momento di far quadrare i conti della propria radio, sul libero mercato non ci vuole proprio andare, e nei fatti abbandona al liberismo solo chi contesta questa ideologia da una prospettiva comunista. L'editoria italiana del futuro sara' cosi': i liberisti predicheranno le virtu' autoregolatrici del mercato con soldi pubblici, e invece chi sostiene la visione di una cultura non abbandonata al mercato sara' l'unico costretto a fare i conti con le sue spietatissime leggi.

Ancora una volta ripeto che non ce l'ho con i Radicali, il problema potrebbe essere posto in modo analogo facendo i conti dei soldi che l'anno prossimo verranno destinati al giornaletto liberista color salmone di Confindustria, o ad altri giornali finanziati dal governo. Quella che pongo e' una questione di metodo: se tagli devono essere che siano per tutti. Invece assistiamo a misure tutt'altro che tecniche e squisitamente politiche, prive di rigore perche' continuano a destinare soldi pubblici all'editoria di partito, prive di equita' perche' si finanziano solo alcuni partiti e si condannano altri a sparire dalle edicole, e prive di crescita perche' affossare un quotidano non e' di certo un toccasana per l'economia (tra l'altro la stampa ha un indotto perfino superiore a quello delle radio). Alla faccia delle tre parole magiche del Bocconiano di Ferro che guida il paese.

Quelle che sono state presentate come misure di urgenza di tecnici super partes vincolate dalle ristrettezze del bilancio, orientate alla crescita e guidate da criteri di rigore ed equita', facendo un po' di conti e spulciando il "milleproroghe" si rivelano invece delle interferenze indebite nella cultura e nell'editoria, che penalizzano certe voci e ne garantiscono altre.

Non sono le misure tecniche, ma le scelte politiche quelle che condannano al silenzio alcune iniziative mentre per altre si cercano e trovano risorse anche nelle piu' remote pieghe dei bilanci pubblici, penalizzando perfino i malati di tumore di fronte all'esigenza "urgente e indifferibile" di mantenere in piedi una radio e i suoi servizi con quelle risorse che il mercato non potrebbe mai concedere se Radio Radicale dovesse vivere di abbonamenti, sottoscrizioni e pubblicita' come fanno tante altre emittenti.

Cari anticasta che applaudite alla chiusura di Liberazione come se fosse un passo avanti verso il tramonto delle lobby editoriali, spiegatemi se questa e' lotta agli sprechi, spiegatemi se questo e' pluralismo, spiegatemi se questa e' giustizia. Per me e' chiaramente una censura politica peggiore di quelle messe in atto dai governi piu' autoritari e repressivi della storia del nostro paese.

PS. Caro Bordin, il mio Curriculum lo trovi su Linkedin: se proprio Pannella non vuole riprendersi "Liberazione" per intero, sono certo che sara' abbastanza intelligente e pluralista da prendersene almeno qualche pezzetto, usando una minima parte di quei sette milioni di euro per assumere qualcuno di noi collaboratori rimasti orfani di testata, con i compensi sospesi dal 2009, senza cassa integrazione e senza altra colpa se non quella di aver collaborato con il partito "sbagliato".

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