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Salute o lavoro? No, profitto o dignità umana

Politica industriale. Chi è costei

Riva è padrone dell'Ilva e titolare della politica industriale italiana. Il governo prova a riprendersi la titolarità. Ma si accorge di avere il portafogli vuoto.
14 agosto 2012 - Giovanni Matichecchia (giornalista )

Monti manda una terna di ministri nel tentativo di far scomparire la pistola fumante dalle mani dei Riva. Missione impossibile. Non potranno essere cancellati decenni di morti e di vittime di malanni. Una missione dal sapore dell’intimidazione nei confronti della Procura e della stessa città stanca di veleni. Naturalmente siamo in presenza di una classe politica locale incapace di fare mea culpa e di inchiodare alle proprie responsabilità i governi nazionali e regionali colpevoli di autorizzazioni dimostratesi vere e proprie licenze di uccidere. Diritto ancora una volta avocato a sé dal governo. “Tocca a noi fare politica industriale”. La politica industriale l’ha sempre fatta Riva. Per questo motivo oggi siamo a questo punto. Decine di ministri che si sono succeduti lo hanno lasciato fare perché andava bene così. Non sono indenni da colpe neanche i sindacati giallorosa preoccupati evidentemente del salasso derivante dalle mancate trattenute a migliaia di lavoratori. Ciò significherà disoccupazione anche per loro. Siamo stati a lungo vittime del ricatto occupazionale. Ci hanno tenuti per anni ostaggi dell’alternativa tra salute e lavoro. Una falsa contrapposizione. Senza lavoro o senza salute non si vive, entrambi sono determinanti per la piena dignità dell’uomo. Sui piatti della bilancia ci sono sempre stati il massimo profitto e il rispetto per la vita. Fino ad oggi ha stravinto il massimo profitto. Quella che stiamo vivendo è una battaglia storica. Si tratta di capire se la bilancia continuerà a pendere dalla stessa parte ancora e per sempre o se è giunto il tempo del riequilibrio. Insomma la partita è fra le più grandi fra quelle combattute dalle origini dell’industrializzazione. Il tempo dei padroni delle ferriere dovrebbe essere terminato grazie alla presa di coscienza planetaria circa l’incapacità della politica così come è oggi. In più, a Taranto abbiamo una nuova forza e una nuova consapevolezza. L’acciaio qui prodotto è di importanza strategica per gli equilibri produttivi nazionali. Bene. Dimostrino, il Governo, la Regione, la Provincia e il Comune la irrinunciabilità del peso e dell’importanza della produzione tarantina. Garantendo i diritti tutelati dalla Costituzione ovvero dichiarando apertamente che qui, in riva allo Ionio, la Costituzione è un optional. Una cosa è certa. Questi politici hanno perduto il diritto di presentarsi ai funerali delle vittime del lavoro. Dovranno adottare le massime cautele per pensare di tornare tra la gente a chiederne i voti. Questa classe politica miope e incapace è giusto che vada a casa. Vogliamo una classe politica lungimirante. Il centro siderurgico non potrà durare in eterno. Oggi è necessario cominciare a costruire il percorso che ci porterà ad un distacco indolore da un’industria incompatibile con un insediamento urbano. Come si fa? Basta imitare le buone pratiche. Il bacino della Ruhr è attualmente un luogo di attrattiva turistica. Bonificato e recuperato alla vita civile, senza perderne l’identità che risulta, anzi, valorizzata.
Giovanni Matichecchia

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